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Immersivamento 2025: intervista a Stefania Toniolo, vincitrice Amazon Storyteller

Di Roberto Andreani · 12 marzo 2025

Stefania Toniolo è la vincitrice di Amazon Storyteller 2024 e ci delizierà con un suo racconto fuori concorso per Immersivamento 2025, il nostro contest letterario sulla scrittura immersiva.

Le abbiamo fatto un po’ di domande cercando di carpire i segreti che si nascondono dietro il suo successo e il rapporto con i fan, senza tralasciare qualche curiosità per gli scrittori, che come sappiamo, sono la base della nostra community. 



Ciao Stefania, intanto grazie mille per la tua disponibilità, sei sempre carina e gentile e siamo onorati di avere un tuo racconto tra i fuori concorso del contest.

Ho terminato da poco di leggere il tuo libro Non è una storia di zombie. Il mio parere è soggettivo e conta relativamente, ma penso che tu abbia fatto un lavoro eccezionale, è scritto benissimo, scorre senza intoppi e leggerlo è stata un’esperienza entusiasmante.

Prima di passare all’intervista, scopriamo di cosa tratta il tuo romanzo, direttamente dalla sinossi:

Zack è un diversamente vivo, attrazione in uno zoo della Georgia, e desidera solo essere visto.
Purtroppo l’America si è stufata degli zombie, e l’unica sua prospettiva sembra una pensione a forma di proiettile. Di certo non si aspetta di incontrare un insopportabile e misterioso Inglese che lo vuole portare in TV...
Catapultato nello sfavillante mondo dell’intrattenimento, Zack non crede alla propria fortuna: gli umani lo amano e lo trovano divertente. Per stare a galla nello show business è disposto a perdere qualche pezzo, ma fino a che punto potrà rinunciare alla sua natura?

Intrigante, non c'è che dire!
Bene, iniziamo con qualche domanda sulla scrittura!


La scrittura

Da quanto tempo scrivi e come ti sei formata?

Scrivo da quando sono piccola, ma facevo tutto senza un metodo, infatti non portavo mai nulla a compimento. Lo dimostrano tutti i vari “romanzi nel cassetto” che nel cassetto dovranno rimanere! Durante l’università ho cominciato a interessarmi di narratologia e ho letto diversi manuali come autodidatta, fruendo anche di contenuti gratuiti messi a disposizione da formatori. È stato nel 2021 che ho cominciato a fare sul serio e a investire tempo e denaro nello studio e nella pratica.


Raccontaci come nasce una tua storia. Qual è il processo evolutivo, la scintilla che ti fa dire “È questa l’idea giusta!”? Ti capita di iniziare a scrivere e poi essere folgorata da un’idea nuova e quindi mollare la precedente?

Una volta era lo standard! Ora sono piuttosto metodica: porto avanti un grosso progetto alla volta e mi interrompo solo per le side quest (leggasi “i racconti che mi commissionano” ahahah). Mentre scrivo mi vengono spesso in mente altre idee, da un sogno, da una battuta, da una canzone… me le appunto e poi valuto se hanno un potenziale e di che tipo!


Ci sono sicuramente opere e autori che hanno influenzato il tuo stile narrativo. Alcuni li conosco già, avendo letto la postfazione (che, tra l'altro, ho apprezzato molto), ma ti va di raccontarci qualcosa anche per chi ancora non conosce il tuo lavoro? C'è un'opera del cuore in particolare, che porti sempre con te?

Vorrei nominare qualche pezzo da novanta per tirarmela, ma la verità è che nella testa mi è comparsa la saga a fumetti italiana “PKNA” (Paperinik New Adventures). Leggendola, la me bambina ha scoperto che una stessa opera poteva far sia ridere che piangere, e parlare a età differenti. Da grande, direi che è stato Terry Pratchett a trascinarmi per quel sentiero arduo che è il “fa ridere ma fa anche riflettere”.


Immagino che durante la scrittura ti sia immersa completamente nell'atmosfera del tuo romanzo, selezionando film, libri e documenti che potessero ispirarti o aiutarti nella ricerca. Quanto è stato complesso mantenere questa immersione, considerando il tema e i personaggi fuori dal comune della tua storia?

Per niente, ho scelto di scrivere qualcosa che io per prima avrei voluto leggere in base ai miei gusti: film, serie, saggi e romanzi che ho utilizzato rientravano tutti nei miei interessi e la documentazione è stata la parte più divertente.


Non è una storia di zombie è scritto in prima persona al presente, con uno stile trasparente/immersivo. Cosa ne pensi di questa scelta narrativa? Quando l'hai incontrata per la prima volta da lettrice, ti ha fatto un effetto strano? E come ti sei trovata a utilizzarla nella scrittura?

No, non mi ha mai fatto un effetto strano, leggo tantissimo sin da piccola e i narratori li ho incontrati un po’ tutti ormai! Ho iniziato a usarla a 18 anni quando ho rinunciato a scrivere epic fantasy e mi sono data alle commedie. In quel periodo avevo letto diverse commedie romantiche americane e spesso erano in prima persona. Non sapevo nulla della teoria, ma quella scelta stilistica mi trasmetteva un senso di “cinematografico” che mi piaceva. La prima persona in sé, poi, in realtà, non è assolutamente sinonimo di trasparenza o immersione, ma rende più semplice l’utilizzo di alcune tecniche ed è buona per iniziare. Non credo sia "il" modo di scrivere, è come scegliere uno stile di pittura piuttosto che un altro.


Sulla scrittura immersiva si leggono pareri contrastanti: c'è chi sostiene che toglie personalità all'autore e che porti all'uso di schemi narrativi che alla lunga risultano riconoscibili. Come ha reagito il tuo pubblico a questo stile, magari anche in modo inconsapevole? Hai ricevuto feedback diretti da lettori o beta reader che ti hanno fatto pensare che fosse la scelta giusta?

Beta e lettori veri e propri stanno apprezzando lo stile, sia chi di loro è anche scrittore e chi non lo è. Ho usato uno stile che ha il pregio di essere molto chiaro e fruibile, immediato. Lo trovavo adeguato alla testa di Zack, molto focalizzato nel qui e ora e dotato di un filtro molto diretto. È un azzardo perché significa essere immersi per 400 pagine e passa in un filtro non umano (qualcuno ha fatto fatica infatti, e avrebbe voluto altri punti di vista per spezzare), ma sentivo che Zack aveva una voce abbastanza forte per arrivare al cuore dei lettori.


E ora parliamo del premio Amazon Storyteller…

Premio Amazon Storyteller

Ho seguito la live della tua intervista con Livio Gambarini di Rotte Narrative. Se non ricordo male, hai partecipato al premio perché il romanzo stava uscendo proprio durante la finestra di apertura delle submission. Avevi comunque pensato di candidarlo a qualche altro concorso?

No, non amo i premi che accettano di tutto. L’unico che mi interessava era Amazon Storyteller perché ha un peso discreto nel mondo del self publishing.


Essendo il tuo primo libro e avendo vinto Amazon Storyteller, quanto pensi che questo riconoscimento abbia inciso sulla tua visibilità e sulle vendite? Non necessariamente in termini di cifre, ma riguardo l’esposizione mediatica e l’interesse del pubblico.

E dal punto di vista della tua carriera di scrittrice? Questa vittoria ti ha aperto nuove opportunità, magari permettendoti di entrare in contatto con persone del settore, anche al di fuori della realtà di Amazon?

Rispondo alle due domande assieme. Come dico sempre, dopo un premio come questo “non accade niente che tu non sia pronto a far accadere”. Amazon ti inserisce tra le offerte e ti dà tutta una serie di boost, ma non è il Premio Strega, il 90% delle persone che ti stanno attorno non saprà che hai vinto o non gli sarà chiaro cosa. Questo perché l’autoeditoria in Italia è ancora piuttosto invisibile se si esce dalle fiere di settore (anche se le cose stanno cambiando). Questo significa che – a meno che tu non abbia mosso davvero dei numeri da record che però, con il genere che scrivo, sono impensabili – non arriverà Mr. Casa Editrice a prenderti per mano, non pioverà nulla dall’alto. Ma il tuo nome salirà di qualche gradino di rilevanza. Qualcuno ti chiamerà per un’intervista, per una raccolta. Qualcuno sarà curioso e leggerà il tuo libro e magari finirà nelle mani di un recensore con molti follower, o in un gruppo di lettura. Cominceranno ad accadere cose. Sarà tuo compito notarle e sfruttarle, parlare, scambiare contatti… tutto ciò che dovresti fare a prescindere dalla vincita di un premio 😉



Il romanzo

Il tuo romanzo Non è una storia di zombie offre una prospettiva originale sugli zombie. Cosa ti ha spinto a scegliere questo tema e a reinterpretarlo in chiave ironica?

Mi piacciono gli zombie e mi piace ridere. Fine. No, scherzi a parte, non lo so: l’idea l’ho sognata di notte e quando ho iniziato a buttare giù la trama mi sono resa conto che aveva un bel potenziale satirico. Sarà che in quel periodo stavo guardando Boris!


So che hai studiato psicologia e che lavori come educatrice. In che modo queste esperienze hanno influenzato la tua scrittura e la caratterizzazione dei personaggi?

Molto. Non riesco a immaginarmi psicologa senza scrivere né a scrivere senza essere psicologa. Ci tengo che i miei libri abbiano prima di tutto dei bei personaggi, nei quali il target possa ritrovarsi. E a volte scelgo creature non umane proprio perché così l’identificazione è più metaforica, meno diretta e quindi meno “traumatica”.


Parlaci della copertina: com’è nata l’idea e quali retroscena nasconde? Soprattutto, come hai bilanciato i tuoi gusti personali con la necessità di rispecchiare il contenuto del libro e attirare i lettori?

Fortunatamente l’illustratore è un amico e aveva letto il romanzo, quindi poteva cogliere l’essenza del romanzo, cosa non scontata. Ho voluto ci fossero vari elementi chiave della storia e colori forti, pulp, che attirassero l’occhio. È una copertina un po’ “trash”, ma è volutamente così: come Zack, attira lo sguardo con la sua estetica esagerata, ma dentro trovi la parte più “drammatica” e meno patinata. Infatti le illustrazioni all’interno, anche se comunque molto fumettose, sono in bianco e nero e più “gore”, con organi, frattaglie topi…


Zack, anche se non ricorda nulla, prima di diventare un non-morto era una persona viva. Per sviluppare la sua personalità hai lavorato anche sul suo passato? Ti va di raccontarci qualcosa di lui?

No, non ho immaginato il suo passato, se non a grandissime linee. Volevo che fosse un reset totale. Quando dico che Zack potrebbe essere chiunque, intendo proprio chiunque. Potresti essere tu. È questo ciò che vorrei arrivasse al lettore. C’è un iceberg sotto Zack ma non sono mai scesa sott’acqua a osservarlo. Perché ho vissuto nella sua testa durante la scrittura, e lui non lo fa. In compenso ho immaginato il passato dei personaggi umani come Colin, o aspetti dell’ambientazione che però lascio emergere in modo discreto e silenzioso (mi piace molto lavorare sul sottotesto). C’è chi avrebbe preferito un worldbuilding spiegato in modo più chiaro, ma è una cosa a cui ho rinunciato nel momento in cui ho scelto il punto di vista. Zack comprende un decimo di ciò che lo circonda, sta al lettore unire i puntini.


Rendere Zack un estraneo alla vita umana ti ha dato l’opportunità di osservare la nostra società da un punto di vista esterno. Immagino sia stato un aspetto fondamentale per inserire certe riflessioni nel libro. Quali temi o contraddizioni ti interessava esplorare attraverso il suo sguardo?

Secondo la teoria dell’uncanny valley, lo zombie è uncanny (perturbante, potremmo dire) perché è una delle cose non umane più simili a un essere umano. Mi interessava il punto di vista di una creatura così a metà strada tra l’umano e il non umano. È come un bambino, che nasce narcisista e autocentrato per poi scendere a compromessi con la società. Tutto questo, però, nel corpo già formato di un adulto, con una crescita molto rapida e asincrona che lo rende sprovveduto di fronte a molte situazioni.


Mi ha colpito la discrepanza tra il pensiero di Zack, così lucido, veloce e intelligente, e la sua iniziale incapacità di parlare. Quale effetto volevi suscitare nel lettore mettendolo dentro la sua mente, senza permettergli di esprimersi con il mondo esterno?

Anche qui un senso di straniamento, come non essere padroni a casa propria. Ammetto che potrebbe dare fastidio alla lunga, ed essere troppo diverso dalla nostra esperienza quotidiana (infatti ho cercato di farlo parlare in fretta ahahaha), ma in realtà a tutti è capitato prima o poi di avere un discorso chiaro in testa e non riuscire a esprimerlo come si vorrebbe. Sicuramente c’è anche tutta una dimensione di tenerezza che scaturisce da questo “scarto”, il che aiuta a costruire l’empatia con un personaggio, a conti fatti, mostruoso.


Il realismo con cui hai sviluppato la trama è impressionante, anche nei piccoli dettagli. Mi ha colpito, per esempio, il fatto che Zack venga visitato da un medico per determinare se fosse davvero un non-morto e da quanto tempo. Quanto è stato difficile trovare fonti di studio e costruire una storia così realistica, considerando che si parla di zombie?

Meno di quanto penseresti, la zombologia è una disciplina che all’estero prendono molto sul serio. Un monito per ogni scrittore: c’è sempre qualcuno pazzo quanto te!


Riguardo il futuro

Dai tuoi profili social e dalle tue biografie emerge chiaramente quanto i mostri siano al centro della tua scrittura, tanto da volerli rendere amichevoli per noi esseri umani. Questo è un tema che ti sta particolarmente a cuore, ma si sa che, quando si affronta un nuovo progetto, spesso si tende a lasciare un po' indietro le cose vecchie. Vale anche per te o i mostri continueranno a essere protagonisti della tua nuova storia?

Continuerò a scrivere di creature non umane, a volte molto simili a noi a volte meno. “Scrivo di mostri a cui serve terapia”, così recita la mia bio. È vero. Facendo amicizia con i mostri facciamo amicizia con le parti sgradevoli di noi.


So che parteciperai a Marginalia, la “rassegna dedicata alla letteratura weird, horror e perturbante”, che si terrà il 29 e il 30 marzo. Per i lettori è una buona occasione per conoscerti dal vivo e saperne di più sui tuoi progetti futuri. Come funziona la rassegna? Cosa hai preparato di bello?

La fiera si tiene alla Casa dei Giochi, ed è dedicata alla letteratura weird e horror con sottocategorie annesse. È un evento che apprezzo per l’occhio di riguardo che ha verso gli autori indipendenti, cosa ahimè non scontata. Mi troverete lì con “Non è una Storia di Zombie” e “Hallucigenia”, domenica alle 16:30 farò anche una piccola intervista per parlare del mio romanzo.


Domanda a bruciapelo: durante la scrittura hai mai pianto per (e con) i tuoi personaggi?

No, ma ho sempre un momento di epifania in cui realizzo cosa ho davvero messo di me dentro un personaggio. E allora, a volte, piango. Ma questo rimane tra me e la mia psicologa ahahahah.


E ora, se ti va, facciamo un gioco: ti propongo alcune frasi che i lettori hanno evidenziato più volte su Amazon Kindle. Non te l’aspettavi, vero? So che fuori contesto potrebbero perdere parte del loro impatto (e per questo invito tutti a leggere il romanzo!), ma dicci lo stesso qualcosa.

Ecco la prima:

È strano, tutti pensano che io non li capisca ma parlano come se lo facessi. Credo di sapere perché i neonati piangono sempre.

Ah, questa viene dal primo capitolo, qui siamo nella fase in cui cerco di far emergere la tenerezza del protagonista ma anche la sua lingua aguzza. Un assaggio di ciò che gli spettatori avranno diversi capitoli più avanti. 😉


(La seguente l’ho evidenziata anche io):

Forse agli umani piace essere insultati, d’altronde metà del loro umorismo si basa sullo sfottere categorie di cui non fanno parte, e l’altra metà sullo sfottersi da soli prima che lo faccia qualcun altro.

Questa è molto importante, per me. Rappresenta un po’ le luci e ombre della comicità, un argomento che torna più volte durante il libro, soprattutto la seconda metà della battuta sarà una vera e propria profezia per il povero Zack.


(Nella prossima Zack parla con Tofu, un'attivista della PETZ che lotta contro il maltrattamento degli zombie. Tofu critica il suo modo di vestire, sottolineando come lui si sia fatto influenzare dagli umani che lo circondano. I nomi li ho inseriti io per chiarezza):

Lei (Tofu) scuote la testa. «Non ci arrivi proprio, eh? Non sei tu, guardati!» Strattona le maniche della mia giacca turchese. «Guarda che roba hai addosso!»
(Zack) «Lo so, è dell’anno scorso, ma mi piaceva.»
Lei agita i pugni in aria. «Lo senti come parli? Come fa a importarti, sei morto!»
«Non è una scusa per vestirsi male.»

Povera Tofu ahahahah qui siamo nella fase in cui Zack comincia già a essere un po’ uno stronzetto! Ma è tutta una facciata. Vestiti glamour e ironia sono la sua corazza.


Nella postfazione invece, esponi delle riflessioni molto interessanti, e una in particolare mi ha colpito perché ha delle similitudini col mio pensiero riguardo all'intelligenza artificiale:

Se gli zombie, circondati da una maggioranza di umani, imparassero a comportarsi come loro, di fatto lo diventerebbero.

Non sembra ma il non-morto offre una serie di riflessioni molto simili a quelle legate alla robotica/IA. Anche perché, ricordate quello che dicevo sull’uncanny valley? Anche l’androide è simile all’umano senza esserlo… se avete tempo guardatevi il film “Fido”, troverete molti punti di contatto tra zombie e robot.


E per finire… hai già scritto il racconto per il nostro contest? È uno spin-off o qualcosa del genere? Se non puoi dire nulla, ci accontentiamo di un aneddoto divertente legato alla scrittura che ti è capitato durante la stesura del romanzo.

Nel momento in cui rispondo alle domande ancora non l’ho scritto ma ho l’idea, è un concept che mi è venuto in mente ascoltando una canzone e cercavo l’occasione per svilupparlo. Non è uno spin-off di NEUZ ma… il connubio tra zombie e mondo dello spettacolo ci farà compagnia ancora per un po’!


Non vediamo l'ora di leggerlo! E non vediamo l'ora di leggere il tuo prossimo romanzo.
Grazie davvero per la tua disponibilità, continueremo a fare il tifo per te!


Il racconto che Stefania sta scrivendo per Immersivamento 2025 sarà pubblicato fuori concorso assieme ai racconti vincitori del contest, e lo troverete all'interno dell'antologia disponibile gratuitamente su questo sito o acquistabile a prezzo minimo nei principali store online.

Immersivamento è il primo contest letterario a partecipazione gratuita di Librati con Alice dedicato alla Scrittura Immersiva. Un'occasione per gli scrittori che vogliono mettersi in gioco e creare mondi in cui i lettori possano perdersi.

Se amate raccontare storie capaci di coinvolgere ed emozionare, partecipate anche voi, la scadenza per l'invio dei racconti è il 31 maggio 2025!


Ecco i prossimi appuntamenti di marzo dove potrete incontrare Stefania:


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