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Immersivamento 2025: intervista a Nikolas Dau Bennasib con la dilogia Protocollo Uchronia e Progetto Parousia

Di Roberto Andreani · 14 maggio 2025

Nikolas Dau Bennasib, è un autore che intreccia il genere fantascientifico con tematiche filosofiche e transumaniste. Dopo aver studiato filosofia e teologia in Svizzera e conseguito una laurea in Lingue e Culture moderne in Italia, ha lavorato come traduttore e si è formato come editor. Finalista al Premio Urania 2021 con Protocollo Uchronia, ha pubblicato racconti in antologie e riviste, e due libri con l’editore Lumien: Protocollo Uchronia e Progetto Parousia.

Per Immersivamento 2025, il nostro contest dedicato alla scrittura immersiva, ha condiviso con noi un racconto fuori concorso che apparirà sull’antologia assieme ai racconti vincitori e selezionati.


Ciao Nikolas, grazie per aver accettato di condividere un tuo racconto per il nostro contest Immersivamento, è un onore averti tra noi.

Prima di partire con le domande, visto che parleremo anche dei tuoi libri, ecco la quarta di copertina di Protocollo Uchronia e Progetto Parousia:


Protocollo Uchronia

Che cos’è l’anima? Si può replicare una vita attraverso l’uso della tecnologia e mettere un freno alla morte? E quanto del nostro mondo si potrebbe migliorare se solo fossimo in grado di cambiare la storia? Nella Parigi contemporanea, un’invenzione sbalorditiva ha reso possibile l’utilizzo del connettoma, la mappa delle connessioni neurali del cervello umano, rendendo possibile la replicazione della coscienza. Nella Roma del 2099, a seguito di un blackout delle reti mondiali, vecchi scandali portano a galla i segreti nascosti nelle catacombe del Vaticano: avanguardie dal sapore post-umano rivelano l’esistenza di un piano che potrebbe cambiare le sorti del mondo. A cavallo di tre linee temporali, il racconto avanza svelando quanto siamo disposti a fare pur di rimanere attaccati alla vita. La domanda è una sola: è davvero possibile creare un mondo ideale per tutti?

 

Progetto Parousia

Nella Roma contemporanea, l’appassionata videogiocatrice Chiara Serafini scopre un’anomalia nel visore Zoe, l’azienda più quotata del settore videoludico. Dopo un terribile incidente, Chiara decide di smascherare l’azienda sulle sperimentazioni condotte su giocatori inconsapevoli: sarà il gruppo di hacker BigSister, dal quale verrà reclutata, a dare il via alle rivolte. Cento anni dopo, i sopravvissuti all’esplosione della supernova che ha causato il blackout delle connessioni mondiali riprendono i contatti. Il gruppo di Al Hajj è ora guidato dal nuovo Al Khadim, Hanuman, l’uomo-scimmia salvato dai laboratori Singularity. Preso sotto la sua ala, Damaso, il ragazzo nato dalla violenza, viene trascinato nella ricerca di una verità a cui non appartiene, ma che gli aprirà gli occhi sul mondo e sul suo passato, oltre i confini della piccola Palawan. Attraverso il viaggio di scoperta, i progetti segreti di BigSister cavalcano un secolo di guerre, infiltrandosi nella Zoe Virtual Reality, dove i sette scienziati di Rebecca du Puit cercano ancora di dare vita al Migliore dei Mondi, osteggiati, però, da un’ennesima anomalia e da uno strano predicatore che riesce a manipolare il sistema Zoe. Nella lotta per la sopravvivenza e il riscatto, il confine fra realtà, coscienza e verità si fa ancora più labile. Ma la domanda è una soltanto: a chi spetta possedere un’anima?

Dato che Sofia (@sofi_fungomedusabooks su Instagram) ci ha già regalato una tua bellissima Schiettintervista, cercherò di farti domande nuove, anche se qualche argomento necessariamente si ripeterà per dare un quadro più completo ai lettori che ci seguono qui.

Per chi volesse leggere l’intervista di Sofia su IG, ecco la prima e la seconda parte.

E ora, al via con le domande…


La scrittura

Il tuo percorso personale, tra filosofia, teologia e lingue, è stato molto articolato. Quanto ha influito nella tua scelta di diventare scrittore?

In realtà, poco o nulla. Il mio interesse per la narrazione nacque durante l’infanzia, anche se aveva un carattere più orientato al fumetto. Crescendo, poi, realizzai che ciò che mi interessava davvero non era l’aspetto grafico in sé (non solo almeno), ma erano le storie che leggevo. Così iniziai a concentrare i miei sforzi creativi sulla produzione di opere in prosa, come racconti e bozze di romanzi. Tutto questo, lo si sarà capito, prima dei miei studi, che hanno comunque influenzato le mie storie nella scelta delle tematiche o dei personaggi.


La fantascienza è sempre stata il tuo genere preferito? Ci sono scrittori che consideri punti fermi o che ami particolarmente?

Parto più come lettore di fantasy, ma ho sempre sentito una forte attrazione verso la narrazione di vicende più vicine al reale, da qui il mio interesse per il genere storico (puro o in commistione con generi fantastici) e la fantascienza. Ovviamente, quest’ultima è più lontana dal reale di quanto non lo sia lo storico, ma l’impressione che dà (perché è di impressioni personali che parlo) è comunque quella di un reale plausibile o potenziale, benché non attuale.

Naturalmente, anche il fantasy puro può essere vicino al reale in svariati modi, ad esempio riproponendo in un secondary world dinamiche o riferimenti al nostro mondo, ma qui si parla di gusti e “vibes” che un genere specifico mi trasmette.

Proprio per questi miei gusti, un autore che è stato fondamentale per la stesura dei miei primi romanzi e che leggo sempre con piacere è Valerio Evangelisti, e nello specifico la saga di Eymerich. Con le vicende del suo implacabile inquisitore, Evangelisti è riuscito a creare un corpus di opere autoconclusive ma connesse tra loro, dove trovano un armonico collocamento proprio quei generi – ma non solo – di mio interesse come la fantascienza, il fantasy e lo storico.


Scrivere una dilogia così articolata, supportata anche dai racconti dev’essere stato complesso, soprattutto per la quantità di materiale potenziale a cui attingere. Come hai gestito la ricerca del materiale con la scelta di cosa inserire nelle storie, senza rischiare di rimanere intrappolato nella fase preparatoria?

Considerato che entrambi i romanzi si sviluppano su tre linee temporali diverse, ho scelto di partire, per l’aspetto storico, da campi in cui avevo già un minimo di conoscenza; per quanto riguarda l’aspetto fantascientifico, invece, l’ho circoscritto ad uno o due elementi, in modo da ridurre il lavoro preparatorio. L’obiettivo era riuscire a ricostruire e a rendere un contesto verosimile, senza rimanere impelagato in un eccesso di fonti.

Il mio approccio si può dunque sintetizzare in due fasi: in primis, uno studio preparatorio generale, che abbraccia il periodo storico o l’aspetto fantascientifico in questione; poi, la ricerca approfondita su pochi elementi essenziali, escludendo quelli che sarebbero risultati irrilevanti ai fini della narrazione.

Per fare qualche esempio, per Uchronia ho dovuto approcciarmi al mondo del gaming in VR, perché viene trattato, seppur poco, nel romanzo, ma sarebbe stato superfluo studiare a fondo elementi di narrative design di quella stessa tipologia di giochi, se avevo già previsto a monte che non ne avrei trattato. Oppure, rispetto alla ricerca storica per Parousia, dovevo conoscere di certo la vita di Carlo Magno e la sua politica ma, circoscrivendo di fatto gli eventi agli anni 778-782 nei confini nordorientali del regno, sarebbe stato controproducente spendere tempo in un’analisi troppo approfondita sulle vicende in Italia dopo l’incoronazione a imperatore nell’800. Dico controproducente perché avevo anche delle tempistiche strette di scrittura, per via delle scadenze. Dovevo quindi focalizzarmi sugli aspetti principali e cercare di ottimizzare il tempo. Qualora si fosse presentato un margine più ampio, una ricerca più dettagliata sugli aspetti secondari, o addirittura terziari, delle fonti avrebbe avuto una sua ragion d’essere.


Nei tuoi romanzi e nei tre racconti della trilogia Reset Uchronia (che fanno da ponte tra i due romanzi) hai optato per la terza persona al passato, mentre per Codename: Vanara (che è uno spin off prequel di Protocollo Uchronia) hai utilizzato la prima persona al presente. Quella della terza nei romanzi è stata una scelta stilistica o è nata dalle esigenze di pubblico o del tipo di storie che volevi raccontare? Cosa ne pensi della scrittura in prima persona al presente?

La prima persona al presente è senz’altro la più adeguata allo stile immersivo, perché il lettore viene calato in toto nell’esperienza del personaggio portatore del punto di vista. Tuttavia, non l’ho ritenuta funzionale abbastanza per dei romanzi come Protocollo Uchronia o Progetto Parousia, che si strutturano su linee tripartite. I continui cambi di punto di vista sarebbero stati meno intuitivi per il lettore, o comunque più “faticosi” da seguire, se si fosse passati sempre da una narrazione in prima ad un’altra.

Naturalmente, non è impossibile gestire questo genere di storie anche con l’uso totale della prima persona e si possono trovare le giuste accortezze perché il lettore segua facilmente i vari passaggi, ma ho preferito andare sul sicuro e ho optato, così, per la narrazione in terza, che permette – tanto per fare un esempio banale – di poter nominare più spesso il protagonista col proprio nome, in modo da fissarlo bene e fin da subito nella mente del lettore.

Con un intreccio già abbastanza complesso com’è quello dei due romanzi, caricare il lettore di un ulteriore sforzo, seppur solo ipotetico, era una possibilità che non mi sono sentito di abbracciare.

Per quanto riguarda i racconti, invece, ho voluto mantenere lo stile dei romanzi anche nella trilogia Reset Uchronia, in quanto sono delle brevi storie di raccordo tra il primo e il secondo romanzo. Codname: Vanara, invece, è nato come puro spin-off, ed ho trovato semplicemente più piacevole scriverlo in prima persona.


La scrittura immersiva sta diventando sempre più popolare, ma divide sia gli scrittori che i lettori: c'è chi la ama per la sua capacità di far immedesimare e chi la critica perché appiattirebbe lo stile. Tu cosa ne pensi di questo tipo di scrittura, sia come autore che come lettore?

La scrittura immersiva, come metodo, risponde alle esigenze di una nuova tipologia di lettori, abituati più all’audiovisivo che alla narrazione in prosa. Questo stile li aiuta a calarsi nel personaggio e a coglierne le sfumature percettive in mondo più diretto e immediato, il che lo rende, in linea teorica, il più adatto a un pubblico moderno, ma non solo. Anche lettori di vecchia data possono apprezzarlo, in quanto consente di vivere la sfera percettiva del personaggio senza (o quasi) filtri intermediari, rendendo l’esperienza di lettura più vivida e stimolante.

Tuttavia questo metodo di scrittura resta, appunto, un mezzo e non un fine. Qualora questo mezzo non fosse funzionale all’obiettivo prepostosi dallo scrittore, potrebbe benissimo essere scartato come soluzione. Non bisogna, dunque, farne un idolo, considerando che esistono anche lettori che non lo apprezzano.

Pur non condividendo l’opinione secondo la quale appiattirebbe lo stile di un autore – che trova sempre il modo di emergere – bisogna prendere atto dell’esistenza di un pubblico che recepisce questo stile con un’impressione fredda o negativa, come anche che esistono lettori che non prediligono la narrativa in prima persona.

Resta comunque uno strumento narrativo molto forte, persino ottimale, nel panorama attuale, però non assoluto. Bisogna essere coscienti delle sue potenzialità ma, come dicevo, prendere anche atto della varietà di pubblico esistente, per poter calibrare al meglio le strategie narrative e stilistiche più funzionali al proprio target.


Passiamo ora ai romanzi.


I romanzi

Nella Schiettintervista di Sofia, hai citato Assassin's Creed come una delle ispirazioni. Ci sono altri videogiochi che ti hanno influenzato?

Se Assasin’s Creed mi ha influenzato nell’idea dell’intreccio tra presente e futuro (così come la saga dell’inquisitore Eymerich, di V. Evangelisti), l’aspetto più “cyber” di altre linee narrative proviene da un techno-thriller, sempre della casa di produzione di Assassin’s Creed, e collegato in qualche modo a questa stessa saga: Watch Dogs. È un videogioco che vede agire un gruppo di hacker nel nostro presente, seppur con una tecnologia un po’ più implementata della nostra, anche se non arriva a sfociare in un vero e proprio cyberpunk.


In Progetto Parousia riprendi le conseguenze degli eventi narrati in Protocollo Uchronia. Trovare nuovi temi e conflitti senza ripetersi restando legati a una storia precedente, non è una cosa semplice. Come hai lavorato sulla continuità tra i due romanzi? Avevi già in mente di proseguire fin dall'inizio o l'idea del sequel è nata strada facendo?

Protocollo Uchronia nasce come autoconclusivo: il finale semiaperto non è quello originale ed è stato aggiunto in fase di revisione, sia per motivi narrativi interni, sia per crearmi una finestra per potenziali sequel. Infatti, la possibilità di rivivere periodi storici alternativi, ricollegandoli al contesto di un presente post-apocalittico, si prestava ad essere ulteriormente sviluppata. L’idea di un possibile seguito, quindi, esisteva già, anche se non nella forma di Progetto Parousia, che è nata dopo. La continuità, invece, l’ho ottenuta sviluppando gli eventi e i presupposti del primo romanzo, cambiando però i punti di vista.

Nel sequel, infatti, quelli che erano nati come personaggi secondari diventano protagonisti, ciascuno con problemi specifici e propri, il che mi ha permesso di evitare ripetizioni, spostando il focus su tematiche nuove.

Per l’aspetto storico, invece, è bastato variare il contesto, passando dalla Roma di Costantino al regno di Carlo Magno. Inoltre, scegliere come protagonista un personaggio già celebre nella letteratura, come Rolando, mi ha permesso di fare riferimento ad alcuni aneddoti e all’immaginario comune, senza dover ricostruire esplicitamente l’intero contesto, dilungandomi tra informazioni ambientali e personaggi secondari.


L’incontro tra tecnologia e religione apre scenari affascinanti ma anche delicati. Quanto è stato complesso trovare un modo per affrontare queste tematiche considerando come sarebbero state recepite dai lettori?

Non è stato troppo complesso, soprattutto perché i romanzi strutturati su tre linee non mi lasciavano spazio per dilungarmi troppo su questioni filosofiche. Quindi mi sono limitato ad opporle, come viene spesso e stereotipicamente fatto. Ho introdotto le due fazioni, con rappresentanti della scienza atea/agnostica e rappresentanti delle religioni, per poi caratterizzarli, in modo che mostrassero entrambi luci ed ombre, senza assumere un approccio “partitico”. Questo, almeno, per quanto riguarda il primo romanzo.

Nel secondo, invece, quest’opposizione non è così forte, perché il tema religioso viene assorbito dalla linea ucronica, e in particolar modo dalla figura di Heliad, grazie al quale Rolando compie un percorso di fede paradossale, dato che il discorso religioso si riconduce ad un contesto di fatto cibernetico.


Chi scrive vive l’esperienza narrativa in modo intenso, entra nella testa dei personaggi e conosce tutte le emozioni e i retroscena, anche quelli che restano lontano dagli occhi del lettore. Durante la stesura dei tuoi romanzi ci sono stati momenti particolarmente forti o scene che ti hanno toccato in modo profondo e sono state difficili da scrivere?

Evitando spoiler, credo che il momento più emozionante nella scrittura della dilogia lo ritrovi verso la fase finale, con il disvelamento del mistero e la resa dei conti tra i personaggi, i cui presupposti sono stati costruiti capitolo dopo capitolo.

Entrambi i romanzi ruotano attorno a un mistero da risolvere, un “qualcosa” da scoprire, tutto accompagnato dalla tensione di punti di vista rivali che esplode nella rivelazione finale. È un momento di grande soddisfazione quando arrivo a far incrociare, finalmente, le trame separate di un unico intreccio, dopo averle costruite in modo tale che i lettori provino la stessa soddisfazione. Su questo, però, lascio a loro il giudizio.

Non ci sono, tuttavia, momenti isolati che mi hanno toccato particolarmente, in quanto erano tutti funzionali a caricare la tensione già citata. Sapevo dove stavo andando e che l’emozione più forte l’avrei provata solo sullo scioglimento finale.


Lumien è una casa editrice focalizzata su autori italiani di fantascienza e fantasy. Come ti sei approcciato a loro? Avevi il romanzo già pronto o ti sei proposto con un'idea o parte del materiale?

Mi sono approcciato a Lumien presentando due racconti per la loro rivista, Sussurri [N.d.R.: che può essere scaricata gratuitamente qui]. Dopodiché, ho proposto loro un romanzo già concluso, Protocollo Uchronia, con cui ero arrivato finalista al Premio Urania. Il romanzo è stato accolto con entusiasmo, ed è rimasto praticamente lo stesso. Ho modificato solo il finale, che, come dicevo, in origine non era così aperto. L’esperienza con Lumien è stata ed è tuttora decisamente positiva, sia per l’entusiasmo che il trasmettono, sia per l’attenzione che prestano ai dettagli, tanto nella fase di confronto, quanto nell’editing.


Promuovere un libro è spesso la parte più faticosa per un autore, soprattutto perché porta via tempo alla scrittura. Sei riuscito a trovare un equilibrio tra il tempo dedicato alla promozione e quello riservato alla creazione? Lavorare con una casa editrice come Lumien ti ha aiutato in questo senso?

Trovare un equilibrio tra vita, scrittura di nuovi romanzi e promozione di quelli già conclusi resta difficile. Bisogna star dietro a una scaletta, che concili gli impegni quotidiani e l’attività creativa, e che al tempo stesso ti permetta di mantenere l’attenzione sulle storie passate. Storie che hanno esaurito i loro contenuti, volente o nolente. Per me resta difficile sostenere nel tempo la creazione di contenuti sempre nuovi ed efficaci, da condividere in modo costante tramite post, stories e interventi vari, e che non appaiano ripetitivi o banali. Lumien però cura molto anche la visibilità dei suoi autori, organizzando campagne pubblicitarie costanti, tanto sui social quanto in fiere ed eventi.


E adesso qualche domanda sul futuro…


Riguardo il futuro

Dopo la dilogia Uchronia VR, ti stai dedicando a nuovi progetti sempre legati ai temi della realtà virtuale e del transumanesimo, oppure stai seguendo idee completamente nuove?

Attualmente sto lavorando a qualcosa di completamene nuovo, quasi borderline, dal momento che gioca sulla coniugazione sperimentale di elementi fantasy e fantascientifici. La stesura è conclusa ma, almeno per il momento, non posso dire altro.


Hai in programma eventi, presentazioni o incontri dove i lettori potranno immergersi nell’universo dei tuoi romanzi e confrontarsi direttamente con te?

Ho da poco terminato il Comicon di Napoli e, questa settimana, sarò presente al Salone del libro a Torino, venerdì 16, nel tardo pomeriggio, e per l'intera giornata di sabato 17. Salvo imprevisti, dovrei essere presente anche al Fantasy Day a San Giorgio a Cremano (NA), il 7 e l'8 giugno. Per il resto, non ho altri eventi in vista.


Hai già scritto il racconto che parteciperà al nostro contest Immersivamento? Possiamo aspettarci uno spin-off legato ai tuoi romanzi, simile ai racconti che hai già scritto o qualcosa di completamente nuovo? Se è top secret, va bene anche se ci racconti un aneddoto legato alla tua esperienza di scrittura.

Sì, ed è qualcosa di inedito, scritto ad hoc rispetto a un aneddoto mitologico che mi ha sempre interessato. Anticipo solo che avrà un’atmosfera onirica e… paradossale. È stato stimolante da scrivere.


Concludiamo qui questa intervista. Grazie mille per il tempo che ci hai dedicato e per averci accompagnato dietro le quinte del tuo lavoro. Tanti auguri per i progetti futuri e speriamo di averti ancora con noi in una delle prossime iniziative!


Il racconto che Nikolas ha scritto per Immersivamento 2025 sarà pubblicato fuori concorso assieme ai racconti vincitori del contest, e lo troverete all'interno dell'antologia disponibile gratuitamente su questo sito o acquistabile a prezzo minimo nei principali store online.

Immersivamento è il primo contest letterario a partecipazione gratuita di Librati con Alice dedicato alla Scrittura Immersiva. Un'occasione per gli scrittori che vogliono mettersi in gioco e creare mondi in cui i lettori possano perdersi.

Se amate raccontare storie capaci di coinvolgere ed emozionare, partecipate anche voi, la scadenza per l'invio dei racconti è il 31 maggio 2025!


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È possibile acquistare Protocollo Uchronia e Progetto Parousia in versione ebook o cartaceo su Amazon o sul sito dell'editore Lumien.


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